In ambito giuridico spesso capita che la percezione sensoriale avuta dal Pubblico Ufficiale ricopra una fondamentale importanza ai fini della qualificazione del fatto o della stessa configurabilità di una fattispecie di reato.
A titolo esemplificativo, la percezione personale del Pubblico Ufficiale può interessare i casi di verbali di contestazione (ricorrenti in modo prevalente nelle violazioni delle norme del Codice della Strada) oppure i delitti dei privati contro la Pubblica Amministrazione (tra i quali si trovano la violenza o minaccia, la resistenza e l’oltraggio a Pubblico Ufficiale).
In materia, il punto cardine attorno al quale si saldano i vari orientamenti giurisprudenziali è costituito dall’interpretazione dell’art. 2700 c.c. a norma del quale “l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
La Giurisprudenza, nel corso degli anni, ha modificato il proprio orientamento circa la rilevanza probatoria da attribuire alla percezione sensoriale dei fatti da parte del Pubblico Ufficiale.
La Giurisprudenza, in un primo tempo, ha esteso l’ambito di ciò che fa piena prova fino a ricomprendere le percezioni soggettive sensoriali, ritenendo che, per poter superare il contenuto di un atto pubblico - compresa la narrazione dei fatti operata dal Pubblico Ufficiale- si dovesse unicamente proporre querela di falso.
In seguito a tale orientamento più risalente, la Cassazione, negli ultimi anni, si è nuovamente pronunciata in merito al valore legale della percezione sensoriale del Pubblico Ufficiale, escludendo che la stessa possa essere ricompresa nell’alveo di ciò che costituisce piena prova.
Nello specifico, la giurisprudenza più recente esclude che i fatti riversati nel verbale, di cui il Pubblico Ufficiale abbia avuto conoscenza attraverso un qualsiasi grado di apprezzamento o di percezione personale, possano essere assistiti da fede privilegiata in quanto, ai sensi dell’art. 2700 c.c., possono beneficiare di tale presunzione unicamente i fatti attestati dal Pubblico Ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza, nonché quelli riguardanti la provenienza del documento e le dichiarazioni a lui rese dalle parti.
La Cassazione a Sezioni Unite, riprendendo una precedente sua sentenza, ha affermato che “l’efficacia di prova legale del verbale non può estendersi alle valutazioni espresse dal pubblico ufficiale ed alla menzione di fatti avvenuti in sua presenza, che possono risolversi in apprezzamenti personali, “perché mediati attraverso la occasionale percezione sensoriale di accadimenti, che si svolgono così repentinamente da non potersi verificare e controllare secondo un metro obiettivo, senza alcun margine di apprezzamento”” [1].
In linea con i principi di diritto espressi, può dirsi oggi pacifico che alcuna fede privilegiata possa essere attribuita ai giudizi valutativi o alla menzione di circostanze concernenti fatti avvenuti alla presenza del Pubblico Ufficiale che possano essere ricondotti a valutazioni e apprezzamenti personali poiché, a causa della rapidità del svolgimento dei singoli fatti, non possono essere apprezzati e valutati, ex post, mediante un giudizio obiettivo [2].
Con tale orientamento, la Cassazione ha posto dei limiti e ha cercato di ovviare all’insorgenza di risvolti negativi riconducibili a una possibile alterata percezione sensoriale, che può occorrere soprattutto nelle ipotesi in cui i fatti soggetti alla percezione del Pubblico Ufficiale avvengano con una certa repentinità e non possano essere verificati da ulteriori fonti di prova.
[1] Cass. Sez. Unite n. 12545/1992, come riportato in Cass., Sez. Unite n. 17355/2009. [2] Ex multis, Cass. n. 25842 del 27/10/2008 e n. 23800 del 07/11/2014 come riportato da Cass. civ., Sez. II, Ord. n. 24211/2018.
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